Il termine "stress" viene utilizzato da secoli in fisica per descrivere la torsione e la tensione provocata nei metalli da una forza esterna. Circa ottanta anni fa, uno scieziato candese, Hans Selye, ne ridefinì il significato per le specie viventi affermando che "lo stress è la risposta strategica dell'organismo nell’adattarsi a qualunque esigenza, sia fisiologica che psicologica, cui venga ad esso sottoposto. In altre parole, è la risposta aspecifica dell’organismo a ogni richiesta di cambiamento".
Le teorie di Selye furono oggetto di notevole attenzione da parte della comunità scientifica ed il termine stress non rimase relegato al linguaggio di laboratorio ma divenne una parola di uso comune, tanto da assumere significati molto diversi rispetto al contesto nel quale veniva inizialmente proferita. Al giorno d'oggi il termine stress viene spesso formulato con un'accezione negativa ma, è bene chiarire fin da subito, che si tratta di una reazione fisiologica normale e positiva dell’organismo che ha assicurato la sopravvivenza della nostra specie ai mille pericoli cui è andata incontro nella propria storia evolutiva.
Quello che accade durante una risposta da stress è molto complesso e può variare secondo la situazione dal semplice rossore sulle guance, a reazioni di lotta o fuga. Si tratta di una risposta molto complessa e articolata che, con vari gradi di intensità, coinvolge l'intero organismo. Si pensi a cosa accade nel momento in cui si avverte un pericolo, classico esempio un'auto che frena in modo repentino davanti il nostro veicolo: il cuore batte all'impazzata, l'attenzione si focalizza sull'auto davanti a noi, tutto ciò che accade intorno scompare, il tempo sembra rallentare e, con una manovra degna di un pilota, schiviamo l'impatto.
Cosa è accaduto nel nostro corpo per conferirci queste super capacità? Un ramo del nostro sistema nervoso autonomo, il parasimpatico, ha preso il sopravvento ed attivato le sue molteplici funzioni e strategie di sopravvivenza. In pochi millisecondi il nostro cervello ha percepito il pericolo ed ha attivato un canale di emergenza (asse ipotalamo, ipofisi, surrene) che ha scatenato una serie di reazioni a catena per rendere il nostro corpo efficiente al 110% delle proprie capacità:
- aumento della frequenza cardiaca (avvertiamo il cuore in gola),
- aumento della gittata cardiaca (si alza la pressione sanguigna),
- costrizione dei vasi cutanei (si diviene pallidi),
- costrizione dei vasi viscerali (le funzioni digestive vengono rallentate),
- dilatazione dei vasi muscolari (maggior afflusso di sangue e nutrimento ai muscoli),
- broncodilatazione (i polmoni attingono più ossigeno),
- midriasi (dilatazione delle pupille per avere una visione migliore),
- alterazione del metabolismo con un aumento dei livelli glicemici (entrano nel circuito ematico le riserve di energia),
- aumento del catabolismo generale, con relativo calo ponderale, per rendere disponibili aminoacidi e glicerolo.
In altre parole, durante un'intensa reazione di stress, il nostro organismo attinge alle risorse migliori che possiede, dando fondo alle scorte energetiche ed inibendo temporaneamente i meccanismi dedicati al nutrimento, alla riproduzione ed alla riparazione del sistema persona. Come è facile intuire questo meccanismo d'azione ha una durata limitata nel tempo che varia rispetto ad un complesso di fattori psicofisici quali ad esempio l'intensità dello stimolo, la percezione personale di questo, la costituzione fisica etc.
Uno dei fattori di maggiore rilevanza è legato alla percezione individuale dell'evento stressante. Può accadere che davanti allo stesso stimolo le reazioni siano alquanto differenti: alcuni impallidiscono, altri arrossiscono, altri ancora sono colti da un attacco di diarrea. Quindi, situazioni molto stressanti, per alcuni possono rilevarsi estremamente gradevoli per altri possono rappresentare una vera sciagura. Esempio classico sono le interrogazioni d'esame: alcune persone le affrontano come se fosse una sfida ad armi pari con i professori mentre per altri sono un'incognita dove possono accadere mille e più imprevisti per i quali non si è preparati. Ma quale delle due categorie ha ragione? Nessuna delle due perchè, a parità di preparazione, la probabilità che sia posta una domanda di cui non si conosce la risposta è la medesima. Tuttavia il primo tipo affronta la sfida come se avesse il controllo della situazione, l'altro subisce l'evento come una prova che deve necessariamente affrontare suo malgrado.
Questo diverso approccio mentale, frutto di una differente educazione emotiva, genera innumerevoli vantaggi a favore del primo gruppo soprattutto quando, come nella società contemporanea, si è soggetti a repentini cambiamenti (finanziari, economici, lavorativi, sociali etc) e gli eventi inaspettati sono divenuti la regola.
Se applicassimo il nostro ragionamento al contesto lavorativo odierno, cosa accadrebbe se i rappresentanti dei due gruppi si trovassero a dover affrontare continue sfide per la sopravvivenza della loro azienda, nel contesto globale, e la salvaguardia del loro posto di lavoro? Probabilmente il primo affronterà la sfida mantenendo la giusta calma, la corretta focalizzazione , un'adeguata lucidità mentale, una maggiore creatività ed un'alta motivazione, utilizzando la spinta che genera lo stress lavorativo come una risorsa fisica ed intellettuale. Mentre il secondo, con grande probabilità, andrà nel panico ed inizierà a prefigurare scenari catastrofici con la scusa di voler valutare tutti gli eventi possibili. Questa attività depaupererà velocemente le proprie risorse psicofisiche generando un circolo vizioso nel quale lo stress verrà subito in pieno con effetti importanti sulle capacità cognitive (aumenteranno gli errori, i fraintendimenti e perdita del focus sull'obiettivo da raggiungere), scatteranno meccanismi di difesa (scatti d'ira immotivati, rabbia verso i subalterni, frustrazione rispetto alle direttive di vertice), inizieranno i disturbi fisici da accumulo di stress (acidità di stomaco, cattiva digestione, palpitazioni, stanchezza cronica durante il giorno e difficoltà a prendere sonno e riposare alla sera).
A questo punto la domanda che ci si pone è se è possibile modificare volontariamente la nostra indole ed i tratti emotivi autolimitanti. La risposta affermativa ci viene data da tanta letteratura scientifica sulle plasticità del nostro cervello e sulle capacità individuali di variare, se correttamente stimolati e motivati, i nostri percorsi mentali, le nostre credenze autolimitanti ed i nostri schemi cognitivi. Molti autori, fra i quali Daniel Goleman è attualmente il più noto al pubblico, hanno fatto comprendere come sia possibile apprendere abilità emotive, non acquisite durante l'infanzia, e cambiare il proprio modo di resitere alle avversità della vita assecondando il cambiamento insito in questa, fruttando tutto ciò che ci viene messo a disposizione.
Altri autori fra i quali Doc Cildren e Debora Roznan, ricercatrice dell'Istituto HeartMath, hanno sviluppato in 30 anni di ricerche scientifiche ed applicazioni dirette, tecniche e strumenti specifici per il biofeedback training formativo,al fine di conferire la possibilità a chiunque di modificare, volontariamente ed in completa autonomia, i propri schemi emotivi ed acquisire capacità per gestire correttamente lo stress quotidiano. Imparare a riconoscere i propri schemi di pensiero, le reazioni individuali agli eventi percepiti come una minaccia, le adeguate strategie comportamentali da attuare, gli esercizi per acquisire nuove abilità sono solo alcuni dei vantaggi illustrati nel libro "La soluzione HeartMath per trasformare lo stress".
Se prossimamente durante il lavoro capiterà di avvertire:
- una pressione eccessiva,
- un senso di disagio immotivato,
- una cronica mancanza di tempo,
- un senso di irritabilità e rabbia repressa,
- il fiato corto e le palpitazioni ad esempio durante la lettura delle mail,
- una grande stanchezza già dalle prime ore,
- la necessità di assumere frequentemente bevande stimolanti (caffè, tè etc), energizzanti (legali ed illegali) e zuccheri semplici,
- l'improvviso bisogno di alimenti dolci,
- della classica pausa sigaretta,